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Conseguenze della nuova convivenza sull’assegno di mantenimento all’ex ed ai figli.

2025-06-08 20:15

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Conseguenze della nuova convivenza sull’assegno di mantenimento all’ex ed ai figli.

Una nuova convivenza da parte del coniuge economicamente più debole non comporta automaticamente la perdita del suo diritto all’assegno di mantenimento.

Conseguenze della nuova convivenza sull’assegno di mantenimento all’ex ed ai figli.

 

1. Nuova convivenza e assegno di mantenimento all’ex.

In seguito a separazione o divorzio, l’assegno di mantenimento dovuto all’ex economicamente più debole, volto al riequilibrio della situazione patrimoniale tra i coniugi, non è automatico ma deve essere stabilito in base alle condizioni economiche e alle circostanze personali di ciascuno dei due. In particolare, può avere rilevanza un’eventuale nuova convivenza di fatto dell’ex a cui spetterebbe l’assegno.

La legge sul divorzio prevede che l’obbligo di corresponsione dell'assegno venga meno quando l’ex coniuge, beneficiario dello stesso, passi a nuove nozze (art. 5 c. 10 legge 898/1970). Tale disposizione, tuttavia, non opera nel caso di una nuova convivenza, in quanto non può essere applicata per analogia.

Pertanto, una nuova convivenza da parte del coniuge economicamente più debole non comporta automaticamente la perdita del suo diritto all’assegno di mantenimento.

Tuttavia, precisato che il problema si pone solo tra coppie sposate (per quelle di fatto non è mai dovuto l’assegno di mantenimento), la nuova convivenza può determinare, comunque, una revisione o persino l’eliminazione dell’assegno, in presenza delle seguenti circosatanze.

Convivenza stabile e duratura.

Innanzitutto, il semplice fatto che l’ex coniuge conviva con un’altra persona non incide sul suo diritto al mantenimento, a meno che tale convivenza sia stabile e duratura. Deve trattarsi, cioè, di un’unione fondata sugli stessi principi del matrimonio, quindi, basata sulla solidarietà, sulla contribuzione ai bisogni della famiglia, e sulla reciproca assistenza morale e materiale. Non è sufficiente, invece, una relazione saltuaria o priva di una vera condivisione economica e affettiva, né una semplice convivenza momentanea, iniziata semplicemente per verificare se c’è sintonia per una vita insieme.

Per ottenere la sospensione o revoca dell’assegno, l’ex obbligato al mantenimento deve, naturalmente, fornire prove concrete che dimostrino la stabilità e continuità della convivenza e l’esistenza di un legame affettivo ed economico tra il beneficiario dell’assegno e il suo nuovo partner, mediante testimonianze, fotografie o documenti, come la residenza anagrafica comune, che dimostrino la coabitazione, la condivisione del conto corrente ecc.. Non è necessario che il nuovo partner contribuisca economicamente in maniera diretta, ma è sufficiente dimostrare una condivisione di vita e risorse economiche.

•    Assenza di mezzi adeguati.

La notevole sperequazione tra i redditi non è sufficiente al riconoscimento dell’assegno. L’ex coniuge che convive deve dimostrare anche l’assenza di mezzi adeguati, per cui non è in grado di badare a sé economicamente, nè il partner è in grado di mantenerlo. Il diritto al mantenimento, per la giurisprudenza, infatti, non è una forma di rendita vitalizia, ma un sostegno economico legato a reali esigenze.

Quando, invece, il nuovo partner è in grado di mantenerlo o condivide le spese e gli garantisce una maggiore disponibilità economica, l’ex coniuge bneficiario dell’assegno perde, automaticamente, il diritto al mantenimento e lo perde in via definitiva, cioè per sempre, anche se le condizioni in seguito dovessero cambiare, per la fine della convienza o, comunque, per sopraggiunte e gravi difficoltà economiche.

Contributo offerto alla comunione familiare.

Anche in presenza di una convivenza stabile e duratura e di gravi difficoltà eonomiche, l’assegno di mantenimento, resta dovuto, comunque, solo quando l’ex può dimostrare che durante il matrimonio ha dovuto rinunicare alla propria carriera per dedicarsi alla casa e alla famiglia, garantendo così all’altro la possibilità di concentrarsi sul lavoro ed arricchirsi,

Per conservare il diritto all’assegno, la parte dovrà, quindi, fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata a occasioni lavorative e di crescita professionale durante il matrimonio, dell’apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge. In mancanza, la nuova convivenza fa decadere integralmente il diritto all’assegno di mantenimento.

In particolare, la giurisprudenza di legittimità (Cass. SS. UU. 32198/2021) ha chiarito che, in presenza delle circostanze su indicate, l’instaurazione della convivenza non comporta l’automatica perdita del diritto all’assegno, in quanto l’ex coniuge conserva il diritto all’assegno in funzione esclusivamente compensativa.

L’assegno divorzile ha, infatti, una funzione composita: assistenziale e compensativa. Quella assistenziale consistente in un sostegno economico in seguito alla fine della convivenza matrimoniale. Mentre, quella compensativa, ossia equilibratrice, è finalizzata al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell’altro coniuge.

A causa della convivenza di fatto, viene meno la componente assistenziale, perché il nuovo legame, sotto il profilo della tutela assistenziale, si sostituisce al precedente, ma non quella compensativa.

Insomma, sarebbe ingiusto che il coniuge economicamente più debole, dopo aver sacrificato la propria esistenza lavorativa a favore della famiglia, perdesse qualsiasi diritto alla compensazione per i sacrifici fatti solo perché si è ricostruito una vita affettiva. 

La stabile convivenza di fatto fa venire meno il diritto alla componente assistenziale dell’assegno, ma non a quella compensativa, purché il beneficiario fornisca la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della rinuncia conordata tra i coniugi alle occasioni lavorative e dell’apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.

La nuova convivenza, pertanto, non fa perdere il diritto all’assegno, che potrà essere quantificato con riguardo alla sola componente compensativa, in sede di giudizio di riconoscimento, e potrà essere rimodulato, in sede di revisione. Naturalmente, deve sussistere il pre-requisito della mancanza di mezzi adeguati del coniuge economicamente più debole (nonostante la nuova convivenza, anche perchè il partner non è in grado economicamente di mantenerlo) e dell’impossibilità di procurarseli e la prova del contributo dato al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge.

In conclusione, l'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza more uxorio, ovvero la creazione di una famiglia di fatto (giudizialmente accertata), non determina, necessariamente, la perdita integrale del diritto all’assegno di mantenimento, ma può incidere sul diritto al suo riconoscimento, alla sua revisione e alla sua misura. Comporta, infatti, sempre la cessazione del diritto alla componente alimentare dell'assegno. Mentre, la sopravvivenza della componente compensativa dell’assegno è subordinata alla prova che la rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi (senza disparità, non v'è diritto al riequilibrio della situazione patrimoniale e quindi al riconoscimento dell'assegno), tale da determinare una grave difficoltà eonomica per l’ex economicamente più debole e l’impossibilità di badare a se stesso, derivi dalle decisioni assunte concordemente dalla coppia affinchè uno di loro, dedicandosi prevalentemente alla famiglia, sacrificasse le proprie prospettive professionali e reddituali, contribuendo così alla formazione del patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge (contributo da valutarsi considerando la durata del matrimonio e l'età del richiedente).

In mananza dei suddetti requisiti, l’ex coniuge perde il diritto all’assegno di mantenimento, sia per la sua componente assistenziale che per quella compensativa, in maniera definitiva, anche se le condizioni in seguito dovessero cambiare, per la fine della convienza o, comunque, per sopraggiunte e gravi difficoltà economiche.

 

2. Nuova convivenza e assegno di mantenimento ai figli.

Vediamo ora come può incidere una nuova convivenza sull’assegno di mantenimento per i figli.

In questo caso, a differenza della precedente ipotesi, il problema si pone sia per le coppie sposate che per quelle solo conviventi. Difatti, i genitori, sposati o semplicemente conviventi, sono sempre tenuti a versare gli alimenti ai figli.

Obbligato a versare l’assegno di mantenimento ai figli è il genitore che non vive più quotidianamente con loro, contribuendo con tale importo, in quota parte, alle spese che l’altro sopporta quotidianamente per il loro mantenimento.

Se ad instaurare la nuova convivenza è il genitore con cui i figli vivono, l’assegno di mantenimento deve essere comunque versato. L’obbligato resta pur sempre il genitore naturale, anche se i figli vivono con un’altra persona. Tuttavia, se il genitore collocatario vede aumentare la propria disponibilità eonomica grazie alla nuova convivenza intrapesa, potendo contare sul maggior reddito o sul patrimonio del nuovo partner, potrebbe senz’altro essere giustificata una riduzione dell’assegno (che, come detto, deve essere sempre rapportato alle condizioni economiche dei genitori).

Viceversa, se la nuova convivenza viene instaurata dal genitore obbligato a versare il mantenimento, nessuna deroga vi può essere in merito all’ammontare dell’assegno. Ciascun genitore deve sempre garantire ai figli il mantenimento, pertanto, anche quando si ha a carico un nuovo partner, non ci si può dimenticare dei propri figli nati da una precedente unione.

Solo la nascita di nuovi figli potrebbe determinare una revisione dell’assegno, se il reddito del genitore obbligato risulta insufficiente a mantenere entrambe le famiglie.

San Salvo, 07/06/2025

 

Avv. Vincenzo de Crescenzo

 

 

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