CRITERI DI CALCOLO DELL’ASSEGNO DI
MANTENIMENTO DEI FIGLI
I genitori hanno l’obbligo di mantenere i propri figli, anche nel caso in cui si separino, indipendentemente dal fatto che siano coniugati o conviventi.
Il contributo al mantenimento dei figli può essere stabilito in sede giudiziale, sia durante il procedimento di separazione dei genitori (nel caso di coppie sposate), sia quando si rivolgono al giudice per regolamentare i rapporti personali e patrimoniali con il minore (in caso di cessazione della convivenza).
Ai sensi dell’articolo 337 ter del Codice Civile, salvo accordi diversi tra le parti, ciascun genitore è tenuto a contribuire al mantenimento dei figli in proporzione al proprio reddito.
Il genitore non affidatario contribuisce al mantenimento attraverso un assegno mensile, volto a coprire le spese ordinarie (per alimenti, scuola, abbigliamento, utenze, medicinali da banco ed altre piccole spese quotidiane). Le spese straordinarie, invece, sono variabili (libri scolastici, spese sanitarie urgenti, spese per interventi chirurgici indifferibili, rette di scuole private, centri estivi, viaggi di istruzione ecc.) e vengono sostenute separatamente, in base a quote percentuali, a carico maggiormente del genitore più benestante.
Non esiste una formula matematica esatta o universale nè un criterio rigido per determinare l’importo dell’assegno di mantenimento dei figli, ma vi sono alcuni criteri principali che ne influenzano il calcolo. Sostanzialmente, si considerano i seguenti parametri:
Le esigenze attuali del minore.
I genitori devono garantire il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli, occupandosi di tutte le necessità relative alla loro cura e crescita, dalla scuola allo sport. Pertanto, tra le esigenze attuali del minore rientrano ad esempio le spese per l’istruzione, la salute, l’alimentazione, il tempo libero e ogni altra necessità ordinaria.
Il tenore di vita goduto dal minore durante la convivenza con entrambi i genitori.
È importante che i figli non subiscano danni dalla separazione dei genitori, mantenendo, per quanto possibile, il livello di vita che avevano quando vivevano insieme. L’assegno di mantenimento a carico del genitore collocatario dovrebbe quindi permettere al figlio di mantenere un livello di vita paragonabile a quello avuto prima della separazione dei genitori.
I tempi di permanenza presso ciascun genitore.
Nel calcolo dell’assegno, si considera anche il periodo che il minore trascorre con ciascun genitore, pertanto, il giudice può stabilire una ripartizione proporzionale delle spese in base ai giorni di custodia e frequentazione del figlio.
Se i genitori trascorrono pari tempo con i figli, si suppone che anche le spese siano equamente suddivise, ad esempio per pasti, utenze e altre necessità ordinarie. Quando invece un genitore si prende cura dei figli per la maggior parte del tempo, è naturale che abbia sostenuto maggiori costi.
Tuttavia, anche in casi di affidamento condiviso, per garantire il sostegno dei figli ed il pagamento delle spese ordinarie (che sono a carico del genitore che riceve l’assegno), è sempre necessario prevedere un assegno a favore del genitore collocatario, soprattutto se le risorse economiche di quest’ultimo sono inferiori.
È possibile una riduzione dell’importo nei periodi (medio-lunghi) in cui il minore è con il genitore presso il quale non risiede abitualmente, poiché quest’ultimo provvede direttamente al mantenimento. Tuttavia, l’assegno non può essere sospeso durante questi periodi.
Le risorse economiche di entrambi i genitori.
Un altro elemento cruciale è rappresentato dalla condizione economica dei genitori. A tal fine, si valuta l’intera situazione patrimoniale dei genitori, includendo redditi da lavoro, canoni di locazione, risparmi, depositi, proprietà immobiliari, investimenti, polizze assicurative e altri redditi patrimoniali.
La capacità di contribuire al mantenimento deve essere proporzionata alle risorse di ciascuno, con l’obiettivo di garantire al minore un tenore di vita che sia il più possibile simile a quello goduto durante il matrimonio. In presenza di grandi disparità di reddito, il genitore con maggior capacità economica sarà tenuto a versare un contributo più consistente, affinché i figli non subiscano ripercussioni economiche negative. Anche se uno dei genitori ha redditi limitati, è tenuto comunque a contribuire al mantenimento dei figli, anche con un contributo “simbolico”.
Oltre al tenore di vita, tempo di permanenza e reddito, ci sono altri fattori che incidono sull’importo dell’assegno.
Il lavoro domestico e di cura.
Viene considerato anche il lavoro domestico svolto, come la cura della casa, l’accompagnamento dei figli a scuola e alle attività sportive, e l’aiuto nei compiti scolastici, che spesso è difficile da quantificare ma ha un suo valore economico.
L’assegnazione della casa coniugale al genitore collocatario.
In presenza di figli minori o di adulti non autosufficienti, il giudice può assegnare la casa familiare al genitore che ha in custodia il minore. Questa decisione comporta un vantaggio economico per chi riceve l’assegnazione, che non deve pagare un canone di locazione, mentre rappresenta uno svantaggio per il proprietario dell’immobile, che dovrà trovare un’altra sistemazione. Nella determinazione del contributo al mantenimento, il giudice deve considerare anche questa assegnazione, come previsto dall’articolo 337 sexies del Codice Civile.
La presenza di un assegno di mantenimento al coniuge (che riduce la disponibilità economica del genitore obbligato).
Come abbiamo già detto, al momento, non esistono tabelle ufficiali univoche che definiscano in modo preciso gli importi da corrispondere. Tuttavia, si possono considerare alcune regole di massima.
Per un figlio, l’assegno di mantenimento difficilmente potrà essere inferiore ad € 200-250 (considerato che questo importo copre le spese ordinarie di base).
In presenza di redditi medi (tra 1500 e 2000 euro netti al mese), l’assegno può aggirarsi tra 350 e 500 euro mensili.
Per più figli, l’importo, naturalmente, aumenterà, ma in modo meno che proporzionale. Ad esempio, per due figli si può prevedere circa 700 euro, mentre per tre circa 900-1000 euro.
In presenza di redditi più alti, l’importo del mantenimento aumenterà, ma tendenzialmente si ridurrà in termini percentuali, per evitare che l’assegno raggiunga cifre eccessivamente elevate e sproporzionate rispetto alle effettive esigenze dei figli e alla situazione economica complessiva della famiglia.
In merito, il Tribunale di Monza nel 2008 ha stabilito alcune linee guida basate su percentuali del reddito, considerando diversi scenari, come la presenza o meno di un assegno al coniuge, il numero di figli e l’assegnazione dell’abitazione coniugale al genitore collocatario, stabilendo, quindi, che, in mancanza di un assegno di mantenimento per il coniuge, l’assegno per un figlio può essere circa il 25% del reddito, per due circa il 40%, e per tre circa il 50%. Mentre, in presenza di un assegno anche al coniuge, le percentuali si riducono a circa 1/5 del reddito per un figlio, un terzo per due, e circa due quinti per tre.
San Salvo, 30 maggio 2025.
Avv.Vincenzo de Crescenzo
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