IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO: LE RECENTI MODIFICHE DEL DECRETO LEGGE DEL 4 MAGGIO 2023 N. 48.

Il contratto di lavoro a tempo determinato è una forma di contratto subordinato che, a differenza del conratto a tempo indeterminato, presenta un termine la cui scadenza determina la fine automatica del rapporto di lavoro.

Previsto, inizialmente, dalla legge n. 230/1962, nel corso degli anni ha subito diverse modifiche normative introdotte, in particolare, dalle norme conosciute come "pacchetto Treu” del 1997, che hanno introdotto forme di lavoro a tempo determinato, come il lavoro interinale e il contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Il Decreto Legislativo n. 368/2001, che ha ulteriormente liberalizzato la disciplina dei contratti a termine abrogando la legge del 1962 e introducendo ulteriori requisiti per la validità del rapporto di lavoro a termine, tra cui l'obbligo di indicare per iscritto il termine e le relative ragioni, nonché alcuni divieti, come l'assunzione di lavoratori per sostituire scioperanti o durante il trattamento di integrazione salariale, pena la trasformazione del contratto a tempo indeterminato. Sucessivamente la legge Biagi del 2003 ha introdotto nuove tipologie di contratti a termine, come il contratto a progetto e l'istituto della somministrazione di lavoro, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. Mentre, la riforma del lavoro Fornero del 2012 ha modificato l'articolo 1 del decreto legislativo del 2001, affermando che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è la forma comune di rapporto di lavoro. salvo eccezioni per i primi rapporti di lavoro subordinato con durata non superiore a dodici mesi, indipendentemente dalle mansioni assegnate al dipendente, e per la somministrazione di lavoro a tempo determinato.

Ma, in particolare, con il recente Decreto Legge del 4 maggio 2023 n. 48, intitolato "Disciplina del contratto di lavoro a termine", sono state apportate rilevanti modifiche alla disciplina vigente sul contratto a tempo determinato contenuta dall’art.19 e ss. del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81 (c.d. Jobs Act), come modificato dal c.d. “decreto dignità”, decreto legge 12 luglio 2018 n.87, convertito con legge 9 agosto 2018 n. 96. È previsto, infatti che le lettere a)b)b-bis del comma 1 siano sostituite da altra disciplina e il comma 1.1 sia abrogato.

Infatti, mentre, prima il contratto a termine poteva avere una durata superiore a 12 mesi ma non superiore a 24 mesi, a condizione che ricorressero determinate condizioni (come esigenze temporanee e oggettive estranee all'ordinaria attività o esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria), l'entrata in vigore del Decreto Legge n. 48/2023 stabilisce una nuova disciplina, che prevede sempre la possibilità per le parti di stipulare un primo contratto della durata di 12 mesi, ma senza doverne indicare il motivo (c.d. acausalità del contratto a termine); e la durata massima di una pluralità di contratti a termine fino a 24 mesi, a seguito di proroghe (non più di 4) o rinnovi (senza limitazione), con motivazioni, in entrambi i casi, diverse da quelle della precedente disciplina.

In particolare, sono state individuate nuove causali, in sostituzione di quelle attualmente in vigore, da dover indicare nei contratti a termine oltre i 12 mesi, affinchè possano ritenersi legittimi, allentando, così, le restrizioni previste dal Decreto Dignità (DL n. 87/2018), per cui era stata imposta una stretta all’utilizzo del lavoro a termine, e consentire un uso più flessibile della tipologia contrattuale.

Il datore di lavoro resta, così, obbligato ad indicare la causale che giustifichi la proroga o il rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato superiore ai 12 mesi (ma non oltre 24 mesi) che, tuttavia, potrà considerarsi legittimo solo:

·   nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;

·   in assenza delle previsioni di cui al punto precedente, nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;

·   in sostituzione di altri lavoratori.

Le nuove causali, tuttavia, come previsto dal decreto, non si applicano:

·   ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni;

·   ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;

·   ai contratti stipulati da enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione.

A questi, infatti, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti.

Infine, rileviamo come il Decreto in esame mantenga, comunque, varie disposizioni della normativa precedente, tra cui:

·   La possibilità di stipulare contratti a tempo determinato senza la necessità di giustificarne le ragioni quando la durata non supera i 12 mesi.

·   La disciplina delle proroghe e dei rinnovi dei contratti, con una durata massima che non supera i 24 mesi.

·   La possibilità di accertare la presenza di ragioni tecniche, organizzative e produttive che giustifichino la necessità di stipulare contratti con durata superiore a 24 mesi, entro il limite dei 36 mesi, presso le sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (cd. Contratto in deroga assistita).

·   I limiti numerici dei lavoratori a termine in proporzione al numero di dipendenti a tempo indeterminato in forza al 1º gennaio dell'anno di assunzione.

·   Le esenzioni ai limiti numerici in caso di avvio di altre attività, per periodi stabiliti dai contratti collettivi, attività stagionali, sostituzione di lavoratori assenti, lavoratori over 50.

·   Le addizionali che il datore di lavoro è tenuto a pagare in caso di rinnovi del contratto a termine.

San Salvo, 18 luglio 2023

Avv. Vincenzo de Crescenzo

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