DIFFERENZE RETRIBUTIVE: le ore di lavoro straordinario

Uno degli argomenti più diffusi tra le controversie di diritto del lavoro, nonché, spesso, oggetto dei chiarimenti richiesti ai propri avvocati di fiducia, è quello delle differenze retributive non corrisposte in busta paga dal datore di lavoro.

Ciò può acccadere, semplicemente, per errori di calcolo, oppure, ad esempio: a causa del riconoscimento di una retribuzione base inferiore a quella dovuta secondo il C.C.N.L. di categoria, oppure per un inquadramento contrattuale errato del lavoratore, per la mancata applicazione di scatti d’anzianità o il riconoscimento di una qualifica/livello inferiore a quella prevista dal C.C.N.L., e, così, per ogni altra somma dovuta e non corrisposta al lavoratore per la prestazione resa.

In questa sede, parliamo, brevemente, delle ore di lavoro straordinario prestate dal lavoratore, essendo uno dei motivi più ricorrenti, sia nel lavoro pubblico che nel privato, delle controversie per differenze retributive, perchè spesso non riconosciute o utilizzate oltre quanto sarebbe consentito.

Innanzitutto, precisiamo che il tetto massimo annuale di ore di straordinario (ammesso solo previo accordo con il lavoratore) è pari a 250 ore (salvo disposizioni più favorevoli dei CCNL di categoria) e si riferisce, in genere, ad un periodo mobile compreso tra un giorno qualsiasi dell’anno ed il corrispondente giorno dell’anno successivo, tenendo conto, tuttavia, delle disposizioni della contrattazione collettiva, che per lo più fanno riferimento all’anno civile (1° gennaio - 31 dicembre).

In ogni caso, secondo la normativa nazionale (D.lgs n. 66 dell’8 aprile 2003), l’orario di lavoro non può superare, comprese le ore di lavoro straordinario, le 48 ore setimanali, di cui 40 ore di lavoro normale ed 8 ore di straordinario, da calcolarsi come media in un periodo non superiore a 4 mesi (i CCNL di categoria possono elevare detto limite fino a 6 o anche 12 mesi),

Per stabilire, quindi, se viene prestato lavoro straordinario, si deve considerare il numero delle ore lavorate nel periodo preso come riferimento (4 mesi) e se la media delle ore lavorate supera il lmite settimanale delle 40 ore normali stabilite dalla legge, allora si è in presenza di lavoro straordinario.

Oltre al lavoro straordinario esiste, però, anche quello cosiddetto supplementare, che è il lavoro prestato oltre l’orario normale previsto dai contratti collettivi, ma entro i limiti di legge (40 ore settimanali), retribuito, quindi, come orario d lavoro normale.

Gli straordinari, invece, sono ore di lavoro in più che eccedono dal vincolo contrattuale tra datore e dipendente, per questa ragione meritano una retribuzione ulteriore secondo le maggiorazioni indicate nel contratto collettivo della categoria a cui si appartiene, che saranno, naturalmente, più consistenti in caso di lavoro straordinario festivo o notturno (l’attività svolta per almeno 7 ore consecutive tra la mezzanotte e le cinque del mattino)

In un caso concreto, effettivamente prospettato allo scrivente, il lavoratore di una cooperativa, assunto dal giugno 2019, con contratto a tempo indeterminato, riferiva di aver svolto, da luglio 2019 al successivo mese di dicembre, 90 ore di lavoro straordinario (100 è il limite annuo, da contratto) ed altre 50 solo nel mese di gennaio 2020, arrivando a un massimo di 54 ore settimanali (da contratto il tempo pieno è 38).

In tal caso, è evdente che, nell’arco dei primi quattro mesi di lavoro, si potrebbe già esaurire il limite annuo di 100 ore di straordinario consentito, pur rispettando quello settimanale di 48 ore (calcolo: 4 mesi x 4 settimane = 16 settimane x 48 ore = 768 ore; di cui 640 ore normali e/o supplementari e 128 ore di straordinario).

Infine, occorre considerare che il lavoratore subordinato può richiedere il pagamento di quanto gli è dovuto entro un periodo determinato, oltre il quale il datore di lavoro può anche non pagarlo. I crediti per lavoro straordinario, in specie, sono soggetti, secondo la prevalente giurisprudenza in materia, alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c..

Il nostro ordinamento, infatti, fissa dei paletti temporali entro cui esercitare il nostro diritto, pena la sua prescrizione. Questo limite inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

Riguardo i crediti da retribuzione, il Codice Civile prevede due tipi di prescrizione:

1. La prescrizione breve o estintiva di cinque anni, per il reclamo delle differenze retributive (tra cui, come abbiamo visto, anche t crediti per lavoro straordinario) e, in generale, per tutte le indennità spettanti al lavoratore per la cessazione del rapporto di lavoro (art. 2948 Cod. Civ.).

2.  La prescrizione presuntiva di un anno o tre anni (artt. 2955 e 2956 Cod. Civ.):

a) un anno per le retribuzioni pagate con cadenza non superiore al mese (il riferimento è soprattutto agli eventuali errori di calcolo della busta paga);

b) tre anni per le retribuzioni corrisposte con cadenza superiore al mese (ad esempio la tredicesima mensilità, la quattordicesima e le altre retribuzioni aggiuntive).

San Salvo, 234 novembre 2020

Avv.Vincenzo de Crescenzo

 

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